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mercoledì 2 aprile 2014

LE PICCOLE COSE CHE MI CONCEDO

Una fetta di torta di mele, un caffè fumante, un raggio di sole, i passi di un libro seduta ad una panchina... mancano pochissimi giorni alla presentazione ufficiale del mio romanzo e intorno a me c'è fermento. La fretta non è mai stata il mio forte, mi mette ansia. Mi piace prendere il tempo che serve, infatti da grande perfezionista organizzo sempre con largo anticipo. Ma ora che il tempo stringe, per ritrovare la serenità mi concedo dei piccoli momenti tutti miei, solo miei. E' come per la scrittura; ritirata nella mia intimità chiudo i contatti con l'esterno e riprendo a respirare lentamente. Lo sguardo diventa attento, coglie il dettaglio. La velocità, la fretta restano sempre in superficie. Provate a fermarvi un attimo, lo dovete a voi stessi. Ascoltate il vostro respiro, non datelo per scontato e concedetevi almeno per una volta ciò che la vostra anima reclama. Io intanto mi concedo queste semplici riflessioni e vi dono alcune righe di un libro; leggetele lentamente e lasciatevi avvolgere dalle sfumature delle parole...

Ma cos'è dopo tutto la notte? Un breve spazio, specie quando il buio s'attenua così presto, e così presto s'ode il canto d'un uccello, il chicchirichì d'un gallo, o si ravviva il verde scialbo, come foglia che si schiuda, del cavo dell'onda. Ma a ogni notte fa seguito un'altra notte. L'inverno ne tiene in serbo un fascio e le distribuisce in modo uguale, regolare, con dita instancabili. Esse s'allungano, si fanno più buie. Alcune tengono sospese in aria pianeti limpidi, dischi di fulgore. Gli alberi d'autunni, nella loro desolazione, hanno il balenio dei vessilli laceri che risplendono nella tetraggine delle cripte di fredde cattedrali, ove lettere d'oro su pagine di marmo raccontano di morti in battaglia e di ossa sbiancate e bruciate lontano tra le sabbie dell'India. Glia alberi d'autunno luccicano nel giallo chiarore della luna, nella luce del plenilunio, che ingentilisce l'energia del lavoro, ammorbidisce le stoppie e porta l'onda turchina a lambire la riva. (GITA AL FARO - Virginia Woolf)


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