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domenica 23 febbraio 2014

...E SULL'ULTIMA PAGINA CALA IL SIPARIO

Sul comodino, spavaldo, sta "Candido" di Voltaire; mentre, in attesa di lettura, aspettano le ultime otto pagine di "Una pedina sulla scacchiera" di Irène Némirovsky. Che fatica gli ultimi soffi di un libro. Lo vivo come un vero e proprio lutto. E mentre cresce la voglia di leggere qualcosa di nuovo, vivo la malinconia dell'addio. Anche quando avrò terminato di leggerlo, girerà per casa ancora alcuni giorni; poi sopraffatta dall'amore per la nuova lettura e distaccata per cautelarmi dal dolore, lo riporrò alla rinfusa tra gli altri fratelli. Nei miei anni quanti libri non terminati, quante chiuse mancate. Io, che mi nutro di curiosità, perdevo l'appetito, restando cieca e avvolta dalla sofferenza. Non avrei più rivisto quei volti che in una seconda lettura faticavano a ritornare gli stessi. Gli odori  e le voci sarebbero svanite nel nulla. Un abbandono faticoso da ingoiare. Di seguito scopri di avere paura della morte (e chi non ce l'ha!?) e ti dici che anche se c'è una correlazione tra le due cose (detto qui in maniera semplificata) non puoi andare avanti così. Ti dici che è una mancanza di rispetto verso lo scrittore; ti dici che non è un libro letto se non riesci ad arrivare alla fine. Insomma ti dici tante cose, eppure ogni volta che giungi a quel fatidico punto in cui tutto sembra volgere al termine, senti forte l'impulso di chiudere e scappar via... Poi tutto cambia e non puoi negare al tuo romanzo un finale. Il punto di vista muta e il dolore indossa una nuova veste. In quei giorni, credo di aver parlato poco e ascoltato molto il silenzio, fino a quando l'ultimo punto è stato posto. Oggi lascio che per ogni libro cali il sipario e dalla platea tiro un fiore, indimenticabile effluvio di ciò che è stato.

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