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giovedì 13 febbraio 2014

L'effluvio delle parole... sì perché non c'è lemma che non abbia un odore proprio. E' un concetto astratto, ma per quel che mi riguarda reale. Quando tre anni e mezzo fa ho scritto il mio primo racconto - nato come esercizio durante un corso di scrittura creativa - le mie parole odoravano di casa buia e chiusa. E non dico odore di umido o aria viziata, ma tende calate, buio e vuoto. Provate a chiudere gli occhi e immaginate di essere in una casa non vostra... le tende di velluto pesante sono chiuse, dalla strada salgono delle voci, le udite con disinteresse mentre siete, lì, al centro della stanza buia, immobili... provate ad annusare... non vi resta a quel punto che descrivere su un foglio quel momento e vedrete che le vostre parole avranno l'odore di quell'atmosfera. 
Scrivere di una carezza può avere l'odore di mandorle dolci... e una corsa in un pomeriggio d'estate trasuderà sulla carta l'odore di fichi e mare. E un addio... che odore può avere un addio... sfoglio le pagine e sento odore di incenso e caffè. Sembra strano lo so, ma vivo di sensi e lascio che siano loro a indirizzare la mia penna.   

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